venerdì 9 luglio 2010

Per una libera informazione

Mi rendo conto che la questione della legge bavaglio sfugge ai più. Molte persone pensano che sia un puntiglio di una casta privilegiata, ma non è così.

A casa mia, quando ci sono notizie che possano indurre all'emulazione del tipo: smascherata commercio di materiale pedopornografico (e si spiega come funzionava), trovano il modo di fabbricare in casa questo o quello, lanciano sassi dal cavalcavia per gioco, ecco come facevano a clonare bancomat e via dicendo...insomma, mio padre scuote la testa e dice: non dovrebbero entrare nello specifico, perchè potrebbero dare il via ad altri episodi simili.
Ovviamente io non sono d'accordo: nascono sempre delle lunghe discussioni (civilissime), sulla necessità di far emergere piccoli, o grandi, fatti di cronaca nella loro interezza, per dovere di informazione, per amore della verità.

Seconda premessa. Io non sopporto, per niente, quelli che di fronte a certi fatti se ne escono con la solita, cretina frase: una volta certe cose non succedevano. Eh no. Le donne venivano picchiate e stuprate e uccise allo stesso identico modo, ma restavano più spesso segregate in casa, e tutti fingevano di non vedere. Di violenze, ricatti, fatti di usura, di mafia...di tutto ciò la nosra Storia ha sempre avuto a che fare. Sempre. La scoperta di indizi a decenni di distanza di fatti eclatanti, la durata di certi processi dovrebbero essere, nella nostra coscienza, delle spie importanti.

Ecco il punto, allora. Che cosa significa vivere in un Paese libero, se la sua popolazione non ha gli strumenti per vivere, pensare e decidere liberamente? Gli individui devono potere contare, sempre, e in modo estremamente naturale (senza accorgersene) sulla possibilità di decidere, in piena autonomia e nella quantità che desidera, quanto sapere e come sapere. Scegliere tra le opinioni, scegliere una prospettiva, ma SCEGLIERE.

Ci sono altre questioni legate a questa legge, certamente. Essere giornalisti in Italia è veramente strano. O fai parte dei privilegiati con contratto, o no, l'Ordine è un'istituzione da rifondare. Una situazione del genere non esiste in nessun altro Paese d'Europa. E' pur vero che storicamente i giornalisti italiani dovevano tutelarsi contro le dittature e le censure. Ma ora? Imporre a una schiera di precari spesso senza malattia, senza ferie, senza prospettive di serenità professionale tagli di verità cui non si possono opporre, bavagli che stravolgono una notizia, porre limiti invalicabili alla libertà di informazione...non è la stessa cosa? Non è un ritorno alle veline?

Io sciopero oggi, è un mio diritto. Come quello di tutta la categoria, che aderisce in massa (ogni colore, ogni opinione, ogni espressione). Dedicateci almeno un pensiero.

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