mercoledì 16 agosto 2023

Perchè dovrei meritarmelo.

Scendo molto lentamente dal Rifugio Conca Bianca, primo step dell'ovovia che porta ai primi impianti della Cima Piazzi, toccando i fili d'erba a bordo sentiero con la mano destra.  

La fatica deve aver la funzione di un grimaldello. Chissà quanti tesori troverei, se non mi vincesse così spesso la pigrizia! Le riflessioni migliori, delle vere epifanie di consapevolezza, compaiono come fumetti quando sono costretta a stare fuori dalla mia solita zona di comfort. Quando cambio aria e abitudini, quando faccio fatica, ma resta sempre molto spazio per pensare. 

Ero lì, in frenata da dislivello importante, impegnata a pensare come mettere i piedi usando il più possibile il tallone e - contemporaneamente - sciogliere le rigidità, che la mia mente vaga a come sto camminando sì, ma nella vita. A che punto sono. E, di colpo, cambia la prospettiva, Maledico il fatto che questo non produca accordi, che non ne scaturiscano hit di successo, ma solo pensieri che scrivo qui, poi, senza aver il coraggio di trasformarli in piccoli, solidi, parallelepipedi di carta. 

E' proprio questo il punto: quello che credo di non meritare. No, davvero. Quello che penso non sia neanche lecito pensare. Osar formulare. Pretendere, perfino. In un modo che davvero sembra scandaloso. E ciò che non mi merito non è quello di "aver quello che hanno gli altri", in un gioco di allineamento che mi eliminerebbe dal colore stonato, la nota fuori dal coro, l'essere al di fuori delle righe in un modo del tutto innaturale, perché è vissuto da me e spesso da chi è intorno a me come una forzatura. Ma sta proprio nella naturalità, come quei fili d'erba che sento tra le dita, il fungo che osservo e non so riconoscere e quei piccoli, dolci lamponi che sembra abbiano aspettato solo le mie frequenti soste. 

No. Non è tempo di essere altro, perché non lo sono. Sono perfettamente ordinaria, non ho combattuto guerre importante, personali o a fianco di altri. Vivo nel mio mare di legno come tanti e, come tanti, pago la mia libertà a caro prezzo. Ma, a parte questo, niente di rilevante. Una scrollatina di spalle davanti a un complimento anche piccolissimo. Un imbarazzo di fronte a chi te lo dice. "Te lo meriti", e tu quasi ti giri a scovare il meritevole dietro di te.
C'è però questa consapevolezza a non essere capace di trasmettere une certa vera essenza, magari appuntita come il cardo che trovo a bordo sentiero, ma con quello splendido fiore che lo rende unico. No. Sono una campanula come tanti, ma è come se non meritassi il sole. Ci sono desideri che ho smesso di avere, non per mancanza di fantasia, ma perché lo ritengo un esercizio inutile. 

In un altro scenario, una settimana fa, lungo il Naviglio, questo pensiero era nato partendo da rapporti che si instaurano senza cercarli più, perché semplicemente accadono. Persone che non so ascoltano perché si escludono a priori. E quel fascino che si smette di mettere in gioco perché, tanto, non serve. 

Ecco, piccolo rivolo di acqua ghiacciata: perché ho battuto la ritirata? Ho scoperto i miei rifugi antiatomici (la mia casa e, quando sono via, il sonno) che uso troppo spesso, non quando c'è vero allarme, ma che comunque attivo sempre meno; ma ci sono troppe cose che non ritengo più alla mia portata e le lascio lì. Tesori. Chiusi da una chiave che ho buttato da qualche parte. 

Respiro, eppure manca sempre la profondità. 
Forse è meglio continuare a cercare di scogliere la rigidità in cui mi sono rinchiusa. 
Impiegare la fatica nel modo più utile e guardare. Oltre.
Perchè dovrei meritarmelo, di essere me stessa.


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