venerdì 1 aprile 2022

Il mondo si attraversa a piccoli passi

Marocco, Pakistan, Albania, Perù, Cina. E Ucraina.

Il mese di Marzo mi ha regalato un viaggio intorno al mondo. E io, che ho sempre in mente di partire. Sono salita su questo aereo ideale e sono atterrata a pochi chilometri da casa mia, viaggiando però lontano, negli occhi dei bambini.

E' la Scuola che mi ha dato questa possibilità. Prima, per una sola settimana, in un paese vicino al mio. Sono stata chiamata a sostituire una maestra malata e mi sono ritrovata in una quarta elementare (sì, i puristi storceranno il naso se non mi adatto a una delle riforme di qualche anno fa e non la chiamo primaria, ma su questo preferisco legare i miei ricordi a quelli che avranno questi bambini). Sedici menti accese sul presente, così diverso da quello che era il nostro. Dove il gruppo sa come indirizzare l'attenzione e subito distoglierla, in una marea tumultuosa fatta di domande che arrivano tutte insieme, senza ascoltarsi a vicenda, eredità di due anni di insegnamento a distanza, a singhiozzo, senza contatto. E, ora che il contatto c'è, è impellente, urgente, non può aspettare. Non sa stare seduto, è fuori tema. E non ci si ascolta.
In quella settimana ho imparato i nomi, spesso sbagliando, ma corretta senza scherno da questi bambini, che in ogni caso hanno ascoltato e hanno imparato quello che la loro maestra mi ha lasciato come traccia. Non ho dormito una sola notte serena. L'ansia di non essee all'altezza mi ha tolto il sonno, ma la rete di colleghi che ho trovato è stata la coccola più rassicurante che potessi mai trovare. Si naviga insieme, in questo mare impetuoso, pieno di imprevisti. Uniti. Dal vivo, con le chat, con le videocall.

E poi è arrivato un progetto da un altro Comune: aiutare i bambini stranieri a imparare meglio l'Italiano e avere più strumenti in classe. Perchè integrarsi, in Italia, non ha mai significato snaturarsi, ma arricchirsi. Un valore aggiunto che spesso tendiamo a dimenticare. Una prospettiva che dovremmo guadagnare, guardandoci da fuori. Questo progetto è stato fortemente voluto da un gruppo di donne: una dirigente, una preside, un'insegnante e un'amica. Sono stata contattata, ho parlato delle mie esperienze e questa scuola mi ha dato il riconoscimento composito, ricco, multisfaccettato che in altri ambiti non è più arrivato. E me lo ha dato senza false promesse. E con una fiducia totale.

Una scuola media e due elementari. Una dozzina di ragazzi, dai sei anni in su, verso cui mi è stata fatta una sola, grande richiesta: usa l'empatia. Quella capacità di sintonizzarsi su lunghezze d'onda differenti che avevo ritrovato solo davanti alla Natura. E, soprattutto, senza correre. Procedere lentamente, per gradi, per cogliere le reazioni così come iniziano a formarsi, le connessioni al momento del loro divenire.
L'empatia! Ma da che parte inizio? Ho chiesto dei libri a supporto, ora ne ho molti da sfogliare. Ho dormito di più questa settimana, perchè Anna mi ha scritto di procedere a piccoli passi e secondo il mio istinto. Un consiglio che ho tenuto subito stretto come la chiave del giardino segreto.

E creare attenzione. Con una canzone, con le parole, con un disegno. La lentezza ha un valore così prezioso da essere ormai dimenticato. Attenzione sui brevi periodi, come isole all'interno delle ore della mattinata, isole punteggiate da pause che aiutano a sedimentare.

C'è un'ultima sensazione che voglio fissare qui, e che mi riempie di emozione: è quella che arriva dagli sguardi. E dagli abbracci. Quel modo di chiedere sì impellente, sì disordinato e scollegato, sì sovrapposto, ha una componente affettiva spontanea che mi commuove, e che - vedete - in questo post non mi permette di essere ironica come al solito. Così come il grazie, ripetuto tante volte, da chi è arrivato dalle bombe e si sente sicuro, qui. Con il sorriso perfino negli occhi.

A piccoli passi. Nel mio giro del mondo.

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