lunedì 26 aprile 2021

La croce di guerra e il coltellino

Ci pensi mai a quanto alcuni oggetti siano davvero importanti, nella nostra vita? 

Ieri era il 25 Aprile. Ho scritto un post su Facebook che ricordava nonno Vincenzo, nato proprio il 25 di...122 anni fa. A vederli scritti, 122 anni, sono un'enormità, in particolare di questi tempi di mutazioni veloci, quotidiane. Il nonno, forse, quando morì a 88 anni fa non si sarebbe immaginato che gli anni '80 sarebbero stati considerati ora con tenerezza, come precursori di altre rivoluzioni. Ma credo lo stesso che davanti ai suoi occhi la vita abbia comunque cambiato molte volte pelle. 

Nonno Vincenzo, Ragazzo del '99, tornò dalla Grande Guerra per caso. Mentre era sul Monte Grappa venne colpito da una scheggia di granata alla coscia, e quella fu la sua fortuna. Chissà cosa pensò al momento, al dolore che sentì, e alla medicazione più o meno sommaria che ricevette. E poi, invece, chissà cosa pensò quando scoprì che quella ferita lo aveva salvato dalla morte, che invece era passata a falciare gli altri commilitoni, quasi tutti. Quel male che sembrava grande divenne la sua salvezza. L'emblema potente di quello spesso accade nella vita di tutti noi, in contesti meno estremi. 

Il nonno tornò a casa. Tornò nel suo paese verdissimo ai piedi dell'Aspromonte, adagiato in una valle che è già montagna. E chissà cosa pensò, dopo quel lungo viaggio al Nord e quel lungo ritorno. Per molto tempo non disse nulla. Si sposò ed ebbe otto figli e fu un uomo di campagna, un contadino, con tutto se stesso. Mio padre, l'ultimo, nacque dopo la Seconda Guerra Mondiale, dopo che le bombe fischiarono anche lì intorno, ma non colpirono mai il paese. La leggenda vuole che fu la santa a cui questo centro è intitolato ad allontanarle. Che si vide questa figura femminile intenta a proteggere il paese. Da allora, la statua di Santa Eufemia, nel giorno della sua celebrazione, viene passata molte volte avanti e indietro a forza di molte braccia tra due ali di fuochi d'artificio e girandole di fuoco, e credo che il nonno si sia gustato molti di questi spettacoli. 

C'è un oggetto che il nonno ha sempre portato con sè, anche negli ultimi anni della sua vita trascorsi nelle case dei figli al Nord. Ed è un piccolo coltello a serramanico, con la punta tonda. Lo ha sempre tenuto nella tasca dei suoi pantaloni, anche quando era il vestito buono della festa. Persino io l'ho visto spesso, molte volte al giorno, utilizzare quel coltello spuntato, anche solo per sbucciare la frutta a tavola, pur avendo l'altro, a disposizione. Quel coltello mi ha sempre raccontato di albe e di campi, di pane tagliato, di mele private della buccia, di pezzi di formaggio. Di aria aperta e di racconti di papà. Mi ha sempre raccontato di più di quella croce di guerra di cui ho scritto su Facebook, che portò a casa con la vita e la coscia ferita. Lui volle che la croce andasse a papà, il suo ultimogenito che, nato quando lui aveva cinquant'anni, si portò in campagna e a cui insegnò tutti i segreti della terra. E al quale raccontò anche di quello che successe sul Monte Grappa, coi suoi tempi, i tempi che aveva imparato dalla Natura. 

Forse è per questo che abbiamo quella croce. E non il suo coltellino. Nelle mie trasferte a Trento ho scoperto presto un negozio artigianale, vicino al castello, che vende lame di tutti i tipi. Ogni volta che, grazie al lavoro, riuscivo a ritagliarmi del tempo per passeggiare, includevo sempre quella via nel giro, quella vetrina da guardare. E mentre individuavo i coltellini, incollata al vetro, sorridevo. Sempre. Chissà cosa avrebbe potuto pensare un potenziale osservatore; ma quel gesto mi riportava indietro nel tempo, e vicino a me sentivo un altro sorriso.

Ci sono oggetti molto importanti, nella vita di ognuno. E, chissà perchè, non sono quelli che ci aspettiamo che siano. A volte basta una scheggia per cambiare del tutto una vita.


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