venerdì 19 agosto 2016

#sevuoipuoi. Prove di cambiamento consapevole

Allora, ho iniziato una dieta.
Non che non ci avessi provato, prima. Ma adesso l'ho iniziata sul serio. Mi sono segnata la data: 2 agosto. Mi sono segnata anche il peso. Ma quello evito di scriverlo.

Il motivo è semplice: non ho trovato più scuse.
E dire che di scuse ne ho sempre avute tantissime.

Da adolescente ero snella, pur non piacendomi per niente. Non ho fatto alcuna fatica a superare la fase ormonale che mi ha creato ogni altro tipo di problema, ma non l'aumento di peso. E in quell'unica certezza ho riposto la cieca fiducia che ormai era fatta per la vita. Ciecatissima.
Anche perchè era un bello "essere snello": non troppo, con delle belle gambine e un bel fondoschiena, tanto che gli amici non mancavano di rimarcarlo. Mi sono cullata nella certezza che nulla sarebbe cambiato anche quando, intorno ai 21 anni, ho smesso di fare lo sport che avevo sempre praticato. E ho smesso di usare la bicicletta che non mi aveva mai abbandonato, nemmeno con la neve.
Quindi, ero snella e pigra.

Poi avevo scelto una scuola impegnativa, per cui il Liceo mi ha fatto allontanare subito dalla ginnastica artistica (magari, un altro paio d'anni), e mi stancava tutto parecchio. Sono una dormigliona, e avevo sempre sonno. E dopo, l'università non ha cambiato di molto queste abitudini.
Ho iniziato a uscire, sono entrata nel magico mondo dei cocktail senza pensare che, forse, questo nuovo stile di vita avrebbe lasciato dei segni dietro. Tipo nella zona delle coulotte de cheval.

Oh, poi mi sono fidanzata e ho fatto un mucchio di cose: viaggi, lavori, un po' di politica. Lo sport scivolava sempre in ultima posizione e spesso neanche si classificava.

E dopo, a 25 anni, quando ho smesso con i lavori saltuari e mi sono laureata, ho iniziato a lavorare su turni, diversi ogni giorno e mai uguali alla settimana precedente. 11 anni di turni che hanno inciso sul metabolismo.

E infine, la genetica mi ha rivelato che no, non ero esattamente così come pensavo di essere. Da adolescente, quello sarebbe stato un colpo ferale. E invece io ho finto di non capire. Per anni. Arrotondandomi sempre di più, visto che l'altezza si è presto arrestata.

Quel lavoro che ho cercato di inseguire per 11 anni non si è rivelato premiante. No sono diventata una grassa giornalista dalle guance rosse avvolta in caftani variopinti, piena di benefit e con il tassista ormai di fiducia e una precedenza di acquisto in Porta Nuova. Quindi sono ricaduta pesantemente sul mio non più culetto e ho prima dovuto fare i conti su un cambio di programma. O forse, anche questa è una scusa.

E adesso? 2 Agosto. Non me ne voglia l'istruttore di palestra pieno di consigli, l'amico che mi iscriveva a mia insaputa (solo quello, niente case al Colosseo) al corso di nuoto (ma che mi ha parlato per la prima volta della dea Costanza), la naturopata che ha ipotizzato delle intolleranze quando lo stress mi gonfia a zampogna ma che non ho ancora individuato. E nemmeno la bravissima nutrizionista che mi ha fatto fare il primo vero tentativo e che mi ha fatto riflettere sul serio su questi 8 chili in 15 anni.

Adesso ci sono dei passi da fare che devono essere piccoli, contrariamente al nostro volere tutto e subito. Mi ha coinvolta una solare amica che ha un ruolo di coach in questo programma sperimentato da lei, prima di tutto, con ottimi risultati. Mi ha inserita in un gruppo whatsapp di ragazze che chiaramente non hanno bisogno di dieta, ma che è piacevole seguire nelle finte e tenere paranoie che io, invece, ho sempre affogato nelle scuse, insieme ad una pinta di birra.

I passi sono fatti di 600 grammi a settimana e lo sgarro è sempre dietro l'angolo. In più c'è una pianificazione medico estetica, preceduta da tre mesi di crossfit, che tornerà a settembre.
Costanza, la dea, mi ha sempre lasciato lì, nelle mie lagne. Ha fatto bene, perchè ho sempre avvertito la sua mancanza pur non capendo cosa mancasse, in verità. Ma ora la pedino. Con il piedino sulla bilancia e il culone sul tappetino.

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