venerdì 8 giugno 2012

Twist and shout

L'ultima volta ero a New York. Era il 2009, era novembre, ero con Giacomo e Alessandro.
Pensavo sarebbe stato l'ultimo, pensavo fosse quella la chiusura del cerchio.
Poi sul finire dello scorso anno con Paolo e Sasha ho comprato questo biglietto, e ieri, 7 giugno 2012, ho capito che i cerchi non si chiudono mai, perchè la nostra vita non è fatta nè di sfere nè di materiali impermeabili, ma di osmosi, di scambi, ritorni, sensazioni nuove ma che in fondo ne ricordano sempre altre o che sono premessa di altre simili.
Gli anni 00 del secondo millennio mi hanno regalato qualcosa che non mi aspettavo, in potenza e in profondità, e che se n'è andato. La mia fortuna è stata quella di non avere una sola canzone, per l'unico amore della mia vita, ma di avere un intero repertorio, anche quello di una profondità insondabile. Ho avuto le mie lettere, poche ma piene di poesia. In una, la prima, due pagine di un libro di testi musicali suoi. Le due pagine di Born to run.
Alessandro e Giacomo, ieri sera, erano lì in mezzo. Anche io nel 2003 ero lì in mezzo, ma alle prime note di Morricone mi resi tragicamente conto che la mia statura da nana non mi avrebbe permesso di vedere altro che braccia e spalle. Vidi quel concerto più o meno dalla stessa postazione di ieri sera, vidi il diluvio universale lavare i coraggiosi del prato fino alle ossa e quel matto che con un cappello da cow boy in testa correva per lasciarsi poi scivolare sul palco.
Loro erano lì in mezzo, come è giusto che sia. Loro, che alle prime note si guardano e sparano fuori il titolo all'unisono, roba da quiz. Che sanno tutte le parole, mica come me, una sciampista mascherata da intellettuale. Eppure i nostri cuori hanno fatto gli stessi balzi, ne sono sicura. Certo, loro sono dei puristi. Io spazio da Tiziano Ferro a Bruce come niente, loro no. Certe categorie non si mischiano, dicono, con parole un po' meno misurate. Ma non so scrivere quello che abbiamo provato, insieme. Non lo so proprio fare. E quindi me lo tengo stretto e mi rendo conto, solo adesso, come ieri sera sia stato bello e terribile insieme.
Della mia decina al cospetto del Boss (la metà, forse, dei loro) posso solo dire che questo è stato il più bello in assoluto. Felicità, gratitudine, ricordo, commozione, pazzia. Un uomo che sfida il tempo e che ballando e ridendo e cantando, e contando anche, senza fermarsi, mi ha suggerito come ci sia sempre una possibilità. Ho visto migliaia di mani alzate, ho sentito le loro voci, ho visto la gente ballare, tutta. Anche un pazzo coi capelli lunghi che si dimenava da solo facendo strani inchini proprio sotto di noi, o quel disabile senza gambe che lasciava che la sua carrozzina seguisse traiettorie a casaccio. Tutti abbiamo un cuore affamato.
Del resto non mi interessa, non me ne frega proprio nulla.

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