mercoledì 6 giugno 2012

#cosedellinfanzia

Apro distrattamente twitter e trovo questo hashtag al primo posto. #cosedell'infanzia.
E' una coincidenza, non può essere che così, anche se credo poco alle coincidenze. Ho un concetto un po' più mistico dell'avvenimento e deglli accadimenti in generale. Un concetto di causa/effetto, per dirla all'occidentale, di ciclicità energetica, se devo darmi delle arie e spostarmi un po' più a Oriente. In poche parole, niente succede per caso.
Qualche giorno fa pensavo all'asilo. Sarà perchè venerdì ne parlavo con le mie splendide amiche e mamme, probabilmente. Ma mentre la loro argomentazione verteva sul lato pratico, non avendo pupi da inizire alla vita sociale e sulla strada di ritorno a casa ho pensato al mio, di asilo. Quello con la foresta dietro che sicuramente foresta non era e con le aule enormi che sicuramente hanno misure decisamente standard e con la noiosissima stanza del pisolino che non facevo e la pipa gialla della classe gialla ricamata sul mio asciugamano e su tutti i miei piccoli attrezzi da lavoro. Quello che raggiungevo con il pullmino, sempre giallo. Che guidava Pasqualini.
Pasqualini è stata la prima persona ad entrare nella mia vita per cognome e di cui quasi con stupore non ricordo mai il nome. Ero alta un metro, forse, e anche lui, come il resto, mi sembrava enorme, in larghezza e statura. Avevo per lui una profonda simpatia, anche per quel cognome che tutti i bambini storpiavano un po' ma non io, da brava Carrozza che da quella strada è passata più e più volte, diciamocelo pure. Avevo per lui quella fiducia che vedi negli occhi dei bambini nei confronti di quegli adulti che ti vogliono bene e cui vogliono bene, come se non dovessero mai tradirsi a vicenda. Quella fiducia che non conosce domani, ma che vive nel qui ed ora e che brilla in quei piccoli occhi. A distanza di tempo gli innumerevoli tragitti quotidiani si sono riuniti in un unico grande ricordo, fatto di pochi lampi particolari. Ma so bene di che cosa era composto quell'affetto verso l'autista Pasqualini sempre di blu vestito: lui era la nostra guida allegra verso "lasilo", mi salutava sempre per nome, sapeva dove ero seduta, ci guardava dallo specchietto e parlava con noi. Niente scimmiottamenti, voci in falsetto, ordini, non-fare-questo-non-fare-quello. No: da grande essere umani a micro esseri umani, da papà forse, ma con parole vere, insomma. Alzava la voce solo quando il casino diventava insopportabile, ovviamente. Una voce squillante che a qualcuno incuteva anche un po' di soggezione, curabile in 3 secondi.
Poi ho cambiato paese, ma Sedriano è pur sempre dietro l'angolo e mi è capitato di incontrarlo. L'ultima volta non più di un annetto fa, durante uno dei miei fine settimana da promoter, e gli sono saltata al collo senza pensare che, forse, quella fiducia fanciullesca non sta bene, da adulti. Ma non ho potuto farne a meno.
Ho scoperto oggi che un infarto se l'è portato via, non molto dopo quell'ultimo abbraccio ad un uomo grande, ma non gigante. Dieci lunghi giorni di agonia senza parlare, lui che chiacchierava anche con i sassi. So solo che non ci posso ancora credere, perchè rientrava a pieno titolo nella mia categoria di invincibili. Che riabbraccerei di slancio come allora, come un anno fa, sempre. Posso solo dire di essere contenta di averlo fatto, e di dovere a lui una parte della fiducia che nutro da sempre per il genere umano.

Nessun commento: