La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.
Chi
attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo
stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera
crisi, è la crisi dell'incompetenza. L'inconveniente delle persone e delle nazioni
è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci
sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza
crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno,
perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di
crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."
Albert Einstein
Ho
tre lavori. Anzi, ne avevo tre fino a ieri, quando ho deciso di
licenziarmi da quello della domenica. Ironia della sorte, era l'unico
contrattualizzato (a tempo determinato, interinale, ma pur sempre un
contratto). Mi ha perciò sfiorato l'idea di stare per commettere una
cazzata. Ma mi è bastato pensare ai 4 mesi che mi son lasciata alle
spalle, senza un giorno di riposo, per capire che dovevo farlo.
2 lavori, dunque, un terzo che si aggiunge all'occasione, un quarto che arriverà con l'estate, se tutto va, incrociando tutte le dita possibili, toccando ferro e non altro, essendo sprovvista di attributi, quantomeno visibili.
Tutti, insieme, non ne fanno uno. Sottopagati, a 60/90 giorni, pagati con una mancia, senza ferie, malattia, contributi. Vari. E se non ci fossero, non c'è (la consecutio è sbagliata, lo so, ma la certezza matematica dell'affermazione non mi permette di usare un "sarebbe") nessun sussidio di disoccupazione.
E quindi sono stufa di sentirmi dire "ma che ci fai qui?" e anche "sei ovunque". Perchè sarò anche ovunque, ma non dove vorrei. Mi sono sfrantumata le palle di sentirmi dire che merito di più. Spaccata i coglioni di sguardi pieni di meraviglia e di stupite considerazioni di quanto sia brava. Anche questa contessina, ogni tanto, perde la pazienza.
Oggi è il primo maggio. La festa dei lavoratori. Una ricorrenza che ha perso più valore di quanto lo abbia fatto mai la festa della donna. Ma non mi va di lamentarmi, sono davvero stanca (mi sembra di averlo ribadito). Certo, mica facile applicare il pensiero dell'Albert, lo so bene, benissimo, fin troppo. Ma poi c'è il confronto: chi ha lavorato per 4 mesi 12 ore al giorno per portare la mamma in vacanza, chi si ritrova senza ferie perchè non percepisce di avere un contratto, finalmente, dopo 6 anni di precariato; chi ce ne ha messi 11 prima di approdare ad un porto sicuro. Chi sa che presto il mensile presso cui lavora chiuderà e dovrà di nuovo reinventarsi. Chi si paga le trasferte in anticipo. Tutte queste persone, me compresa, hanno però un brutto vizio: quello della cocciutaggine.
O quello della stupidità.
2 lavori, dunque, un terzo che si aggiunge all'occasione, un quarto che arriverà con l'estate, se tutto va, incrociando tutte le dita possibili, toccando ferro e non altro, essendo sprovvista di attributi, quantomeno visibili.
Tutti, insieme, non ne fanno uno. Sottopagati, a 60/90 giorni, pagati con una mancia, senza ferie, malattia, contributi. Vari. E se non ci fossero, non c'è (la consecutio è sbagliata, lo so, ma la certezza matematica dell'affermazione non mi permette di usare un "sarebbe") nessun sussidio di disoccupazione.
E quindi sono stufa di sentirmi dire "ma che ci fai qui?" e anche "sei ovunque". Perchè sarò anche ovunque, ma non dove vorrei. Mi sono sfrantumata le palle di sentirmi dire che merito di più. Spaccata i coglioni di sguardi pieni di meraviglia e di stupite considerazioni di quanto sia brava. Anche questa contessina, ogni tanto, perde la pazienza.
Oggi è il primo maggio. La festa dei lavoratori. Una ricorrenza che ha perso più valore di quanto lo abbia fatto mai la festa della donna. Ma non mi va di lamentarmi, sono davvero stanca (mi sembra di averlo ribadito). Certo, mica facile applicare il pensiero dell'Albert, lo so bene, benissimo, fin troppo. Ma poi c'è il confronto: chi ha lavorato per 4 mesi 12 ore al giorno per portare la mamma in vacanza, chi si ritrova senza ferie perchè non percepisce di avere un contratto, finalmente, dopo 6 anni di precariato; chi ce ne ha messi 11 prima di approdare ad un porto sicuro. Chi sa che presto il mensile presso cui lavora chiuderà e dovrà di nuovo reinventarsi. Chi si paga le trasferte in anticipo. Tutte queste persone, me compresa, hanno però un brutto vizio: quello della cocciutaggine.
O quello della stupidità.
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