mercoledì 11 agosto 2010

Un posto a tavola


"Cara, pensavo di invitare alcuni amici per cena".
Questa frase da film in bianco e nero, interno giorno, donna con vitino sottile evidenziato da cintura chiara e gonna ampia a metà ginocchio, si traduce diversamente, nel mio caso.
La "cara" è la sorellina, e la "cena"...
Doverosa premessa.
La casa è la mia, quella nuova, quella che andrò ad abitare dopo le ferie. Una casa tanto carina, ha la soffitta, e ha la cucina. Ma senza gas, ma senza acqua, e senza frigorifero. Quindi, per il momento, non funzionale. Ma che altro c'è in questa casa? La luce e la cabina armadio. Uno specchio in bagno (e questo, il "cessetto", come lo chiama la Vero, ha l'acqua). Basta.
Ecco perchè il concetto di "cena" assume un senso lato. Non si può cucinare e non ci si può sedere neanche intorno a un tavolo, perchè quello, bellissimo, è ancora nelle amorevoli mani della mia restauratrice preferita, e le sedie ci sono, ma ancora da montare. Non c'è niente in fresco da tirare fuori dal frigo. Eppure...
Eppure ci sono gli amici. A dire il vero ce ne sono tanti, che compaiono nella lista ideale degli invitati, tantissimi. Che verranno, un po' alla volta, perchè tutti insieme è impossibile, anche ora che i mobili non ci sono. E magari potranno sedersi! In ogni caso, loro ci sono e io risolvo.
Lunedì, 9 agosto 2010, è sera e non ci sono prati, non ci sono alberi, non c'è un ruscello vicino, o un fiume, o una fonte. Ma c'è un picnic. Tra mura bianche e sedie inscatolate e cuscini colorati, c'è una tovaglia stesa sul pavimento. E poi c'è un citofono che suona, finalmente. Suona e ci sono delle pizze, made in Isola, e delle birre ghiacciate in un sacchetto. Una rotella, delle posate, degli Oro Ciok come dessert, un balcone per fumare, per chi vuole.
Certo, il pavimento è duro. Certo, il caffè è del cugino-vicino di casa. Ma era perfetto così. E prometto: lo sarà ancora, ripetutamente, con chi occupa un posto nel mio cuore. La mia casa è la vostra casa, amici!

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