venerdì 2 luglio 2010

Senza bavaglio

Sono una giornalista io e oggi rivendico il mio diritto all'informazione. Ma lo faccio in un modo semplice. Tempo fa ho postato su facebook un video di Report, sulla Legge-bavaglio. Mi hanno commentato due amici. Ne è uscito un dibattito molto interessante, che rispecchia, come sempre succede con le testimonianze dirette, il sentore comune. Soprattutto riguardo la mia categoria.

Maurizio obietta: ora c'è la legge bavaglio, negli anni 70 e 80 i giornalisti potevano scrivere ciò che volevano ma, guarda il caso, ogni tanto ne spariva uno.....cosa cambia?

Io non ci penso due volte: niente, nella pratica. Ma una legge no. Nessuna legittimazione.

Lui, che è una persona molto intelligente e dal credo politico opposto al mio, mi dice la sua: concordo in parte, fino a che in Italia i giornalisti hanno lo stesso potere di accusa dei magistrati non si meritano altro! Il mestiere del giornalista consiste nel riportare le notizie non nell'inventarle!!!

Ecco il punto, subito al cuore del problema. Io ribatto con quello per cui ho scelto questa strada: inventarle mai. Chi lo fa va giustamente sanzionato, come prevede l'Ordine. Ma tutti devono essere in condizione di lavorare, tutti devono poter avere un'opinione, che si possa esprimere tanto (Il Giornale, l'Unità...) o poco (Il Corriere, La Stampa). Come TUTTI gli altri esseri umani. Il diritto di essere informati è tutto, in un Paese libero. Chi non è d'accordo si faccia un giro in qualche nazione soggetta a dittatura. Quando andai a Cuba e venne fuori in aeroporto che ero "periodista", in dieci, tutti funzionari, mi chiesero perchè ero lì. Il mio amico Dotcha del Togo, per venire in Italia, dovette cambiare stato per fare i documenti viaggiando tutto il giorno in autobus, e non una volta sola. L'informazione è tutto, mio caro Maurizio. Ed è una cosa cui credo fermanente, altrimenti non farei questo lavoro. Ti consiglio di andare a cercare l'intervista al magistrato Nicola Gratteri da Fazio a Che tempo che fa. Un uomo che da sempre vive con la scorta. E poi, nessun giornalista crede di essere Dio.

Ammetto che l'ultima frase non è del tutto vera. Ed ecco che entra in giorco Giancarlo. Sì, forse nessun giornalista crede di essre Dio...però ogni tanto ci prova. E poi il miglior giornalista è sempre stato quello che fa vendere meglio il suo giornale. Quindi, notizie inventate forse no, ma qualche gherminella...

Allora butto fuori quello che penso. Nessuno meglio di me sa che la categoria dei giornalisti è una casta. Io non sono figlia di giornalisti, ho lottato per il mio sogno con le unghie e con i denti, a 30 anni ha avuto la prima, vera opportunità. Ho avuto colloqui in cui mi hanno chiesto il mestiere dei miei genitori. Detto questo, che è molto, aggiungo: sono molti, molti di più quelli che non ci provano. Fidati. Altrimenti è la fine. L'informazione rende liberi, come il lavoro. Pensa che molti giornalisti lavorano poco o male o con il miraggio del contratto. Tira tu le opportune conclusioni.

Maurizio deve aver subito qualche ingiustizia personale. Mi stima, ma resta della sua idea. Mi dispiace, ma personalmente, dopo aver visto falsate delle notizie di fatti gravissimi vissuti di prima persona, non credo specialmente nei giornali che emettono sentenze "popolari" solo per vendere una copia in più! Sono certo che in mezzo a tutti vi siano gli onesti, come sono certo che tu faccia parte di questi, ma al momento i giornalisti mi sembrano solo parte di un grande ingranaggio dedito solo al marketing di se stessi, il che porta solo alla ricerca di gloria e numeri di vendita senza dare la priorità alle notizie! Vuoi che ti dica cosa ne penso? Credo che forse il metodo che utilizza il "nano" sia sbagliato, ma un freno ai giornalisti va dato assolutamente!!!

E io comprendo. Davvero. Ma difendo la mia generazione a spada tratta. Il nervoso, quando ci sentiamo dire "poveri voi, noi non sappiamo neanche come abbiamo fatto a diventare giornalisti" oltre a tutto il resto scritto prima, ci divora. Non immagini che fatica. Altro che "sempre meglio che lavorare".

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