martedì 25 maggio 2010

Amala

Lasciate che tocchi l'argomento. Almeno per un post, non di più, solo uno.

Ieri sera Marco, milanista, mi ha scritto: basta, ti prego. C'è gente che soffre. E' come vedere il tuo migliore amico che si fa la tua ragazza.

Mi ha fatto molto ridere, ma trovo che l'esempio sia calzante: una squadra che ha un lungo rapporto con la vittoria non può sopportare che un'altra squadra, della stessa città, che non ci è per nulla abituata, possa conquistare stagione, coppa nazionale e salire addirittura sul tetto dell'Europa. In questo modo poi. Un rapporto tradito, insomma, dallo sfigato in ombra.


Ma nel cuore di noi tifosi non c'è tanto posto per lo sfottò. Abbiamo trattenuto il fiato così a lungo, l'apnea è stata così lunga, che quella notte, la notte del 22 maggio 2010, il cuore ce l'ha fatto scoppiare, come se troppo ossigeno fosse arrivato in una volta sola.

Quel cuore così colmo di gioia ci ha fatto ridere, ci siamo abbracciati tutti, abbiamo brindato e abbiamo pianto. E poi è stato delirio, ma prima, prima di tutto, è stato sogno.

Qualcuno di voi obietterà: non è poi una gran cosa. Però i fattori ci sono tutti: l’attesa, lunga. La condivisione, senza differenze. La straordinarietà dell’evento, e della successione di eventi. Una lunga festa, fuori dall’ordinario, iniziata 10 giorni prima. Nel mezzo, la mia prima volta ad Appiano Gentile e la mia prima, e ultima, conferenza stampa con un uomo intelligente, furbo, simpatico. Magnetico.


Che strana cosa è la fede calcistica. Cerchiamo di giustificarla filosoficamente, e sociologicamente. O forse è un po’ tutto questo. Però, nel momento in cui la vivi e fa parte di te, nei dolori, ma adesso, mai come adesso, nelle gioie come queste, la senti dentro come se fosse un pezzetto della tua anima.

E non puoi che ringraziare questa squadra, in questo momento, per la passione che suscita. Forza Inter.

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