mercoledì 23 ottobre 2019

San Siro, il momento giusto di rinascere

65.673 spettatori. C'è solo uno stadio che riesce ad avere questi numeri in Italia. Uno solo con una capienza e un'agibilità (quasi) totale, che oggi, più che mai, pensa alla sua rinascita. E c'è solo una squadra che riesce a tenere una media altissima di presenze, anche se quest'anno, dopo tanto tempo, ha decisamente ritoccato i prezzi. E' l'Inter. E' San Siro. E' una partita di Coppa, il Match Day 3 della fase a gironi, una partita da Inter che affronta la Champions da Inter, sempre un po' così.

Certo, ci sono altri stadi che, in coppa, sono pieni. Oppure nelle partite importanti. Oppure perchè vince. Perchè, se non vincesse, altro che densità esultante. Non lo dico io, per carità, che a casa degli altri entro (con la macchina, è vero, tra il muretto esterno che conserva ancora l'altezza del vecchio Olimpico, e l'anello interno, quello degli spalti, quello dell'Allianz) in ogni caso in punta di piedi. Lo dice chi ci lavora, negli stadi. Da anni in quello della Juventus, ad esempio. Che vince, tanto, da molto tempo. Ma se non lo facesse, non avrebbe seguito. Anche nell'ultima partita, mi dicono, c'erano ampi settori sgombri. Di uno stadio bellissimo, che ha pure arre dedicate ai bimbi, mentre i genitori tifano. Che ha ristoranti, che ha quello che il Dacia Arena voleva avere subito e che non ha ancora aperto perchè non ci sono i soldi, perchè i friulani vanno a vedere la partita e basta.

Costa molto andare allo stadio. Una famiglia, intera, può permetterselo magari una volta l'anno. Magari con un'offerta, magari iscrivendosi a una newsletter. Ecco perchè è così importante il marketing. Il Marketing, perchè la comunicazione, nelle aziende, è qualcosa che, detta così, suona scandalosa come la laurea per influencer (stessa cosa, detta in maniera accattivante).

C'è solo uno stadio pieno e solo una squadra che riesce a farlo, anche se ogni partita è un cardioprotettore. Il resto è un sistema al collasso, in perdita, da nascondere in magheggi finanziari, in scatole cinoamericani, in stadi aperti tutta la settimana per altre cose, in spa che non aprono.
E' un sistema che poco a che fare con lo sport, il cui valore funziona bene in tempo di pace, contro il razzismo teorico, laddove c'è da attaccare una pecetta con la scritta fairplay. Unisce quando non serve. E' invece divisorio in tempo di guerra, non vale nulla. Anche se le Olimpiadi ci hanno insegnato altro. C'è solo uno stadio in cui, ancora, si respira un'altra aria. In migliaia.

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