mercoledì 8 agosto 2018

Il potere magico delle associazioni

Sono cresciuta in un paese a vera misura d'uomo. Ci sono arrivata all'inizio della terza elementare e la mia vita sociale è iniziata, ovviamente, a scuola. Rispetto alla precedente, questa aveva due sezioni per anno, la A e la B, una di fianco all'altra; il mio anno, così come gli altri. Una sola scuola elementare, una sola scuola media. Un oratorio e un campo estivo. Ma mille possibilità di vivere la vita della comunità tutti insieme.

Quando sono arrivata, oltre alla scuola c'era l'oratorio. Ho un vago ricordo di divisione, maschile e femminile, durato pochissimo. Era nel sottotetto dell'asilo, poi si è trasferito in un prefabbricato montato nel cortile, infine in un larghissimo spazio di fianco al campo sportivo, dove è tutt'ora.
Nel frattempo è cresciuta la pro loco, che ha aggiunto molte iniziative a quelle che comunque già c'erano (i concerti della Banda, altra istituzione. Negli anni '80 si esercitava in un palazzo davanti alla Chiesa, sfidando tutte le regole di sicurezza. Era un antro ombroso, coi muri scuri di muffa e di intonaco umido, di muri spessi da corte lombarda e da finestroni a vetro singolo, buio e meraviglioso).

Si organizzavano grandi cose che oggi non ci sono più, come i Giochi della Gioventù e il Palio. I primi si svolgevano tra il campo della scuola e la palestra: tornei di basket, pallavolo, calcio, ma anche giochi come salto in lungo, gare di velocità, gare di abilità, per ogni età, per ogni abilità.
Il Palio era stupendo, perchè coinvolgeva tutti. Non era infrequente entrare nelle case dei vicini per provare i costumi della sfilata e scoprire montagne di scampoli pronti per essere cuciti. La stoffa arrivava dalla tessitura, in pieno paese, e il tema era diverso ogni volta e doveva essere rispettato dalla tre contrade. Sono riuscita a partecipare a due di questi. L'ultimo tema che ricordo era l'America ed ero vestita da indianina.

Poi tutto è fiorito. Sono stati anni densi di cose belle, anni in cui si faceva a gara a organizzare qualcosa e in cui la partecipazione era sempre altissima. Anni in cui l"adesso ti faccio vedere io", la rivalità tra gruppi si traduceva in un enorme beneficio per i cittadini. Anni in cui la competizione era sana. I giochi antichi ripresi, i tiri alla fune, le corse podistiche e ciclistiche, le feste dell'unità e tutte le altre, riempivano i locali (tanti, mai però troppi), la bocciofila, la gelateria, di persone che volevano vedere e vedersi. Io usavo solo ed esclusivamente la bicicletta, a tutte le ore e in qualsiasi condizione climatica.

Sono nate associazioni bellissime. Alcune non sono durate, altre sì. Alcune fanno davvero del bene, come Diamoci una Mano, come l'Avis, come la Caritas, come Le Stelle di Lorenzo. Fanno del bene perchè sono fatte di persone che per moltissimi anni hanno vissuto in un posto intessuto nel profondo di voglia di socialità, che ad un certo punto si sono guardate negli occhi e che hanno iniziato a declinarla in qualcosa di molto utile. Il Colpo di Coda ha parato tutti i colpi tirati ai giovani, l'Albero del Riccio fa del bene ai cuori e ai palati.

Oggi la situazione è diversa. Le persone non hanno più voglia di vedersi. Dopo il lavoro, dopo le preoccupazioni, non esorcizzano più nulla sul marciapiede dell'Acli, sotto la grande magnolia. Non affollano più le strade a Sant'Anna, non c'è più il groviglio di biciclette contro gli alberi sul retro del Capèl de Fer, non c'è più nemmeno il circolo. Io non uso più a bicicletta; a dire il vero, non abito più nemmeno in paese e spesso sfuggo agli incontri.
Oggi, la competizione non ha più nulla di sano. Si preferisce non fare per non sbagliare, perchè il veleno che stilla dalle critiche è tossico, mortale. Le persone feriscono. Le persone colpiscono nel profondo. Anche quelle che sono cresciute con te, in quella magia, sanno bene quali sono i punti deboli di chi abita accanto, e le case non hanno più le porte spalancate pronte per intraprendere insieme nuove avventure. La tessitura ora è uno spazio scarnificato di cui rimangono solo le strutture portanti, pronte ad essere demolite per ospitare altre case, mentre le corti cadono a pezzi. "Ti faccio vedere io" è solo una minaccia. C'è un noi e c'è un voi.

Ma le persone sono le stesse e pure alcune associazioni. Adoro quelle che, in questo mare di barche lontane l'una dall'altra e senza radiotrasmittenti per comunicare, continuano a svolgere i compiti che si sono assegnati, e continuano ad avere stima, continuano ad aiutare, continuano ad avere riconoscimento. Conservano quella magia immune alle cattiverie, che pure continuano a cadere come bombe sganciate senza motivi apparenti. I luoghi sono cambiati, ci sono posti più belli per vedersi, forse più a norma, ma sono tutti meno affollati. E in questo paese, che è sempre stato così unico nei miei anni più belli ma anche per le tre generazioni precedenti, quando i giovani arrivavano per uscire con le ragazze e portarle al cinema di Corbetta, per vedere e farsi vedere, per andare in colonia a Marina di Massa con il prete e non farlo dormire per tutto il soggiorno, è sempre bellissimo vivere. Nonostante la nebbia. Non quella meteorologica: quella non esiste più. Immagino mio nipote crescerci, e desidero per lui un po' della magia che ho avuto io, sperando che i brutti incantesimi non lo tocchino mai.

Io però ho rinunciato.

1 commento:

in cucina con Mauro ha detto...

ARTICOLO MOLTO BELLO BRAVA SABRINA