lunedì 18 dicembre 2017

Promessa

Non era la prima volta che lo notavo.
Se ne stava lì, a fianco della porta d'ingresso del bar che adoro anche se non ha un grandissimo impianto di areazione e se ci mangi a mezzogiorno lo sanno tutti.
Se ne stava lì fuori, se ne sta spesso fuori, di mattina, vicino alla vetrina di ingresso e alle brioche in bella vista, vegane, al miele, integrali e normali.
Guarda un attimo chi entra, ha un cappello in mano, ma non molto di più.

Settimana scorsa ci ho parcheggiato davanti. Ero di fretta, come sempre. Avevo mille pensieri, come sempre. Ho pensato subito al caffè visto che da mesi non riesco a fare colazione per la nausea (no è la risposta). L'ho guardato. Ho guardato il led dell'auto e i meno due gradi sull'angolo in alto a destra.
Ho parlato senza pensare. "Ti va un caffè? (o forse un the)...un caffè e una brioche? Come ti chiami? (ma perchè tutte 'ste domande a raffica?) Dai entra".

E mentre spingo la porta lui mi risponde. Promise.
Saluto il "mio" barista, lo stesso che mi regala un sorriso, che ormai sa che prendo un caffè macchiato e una brioche in un sacchetto (che poi dimentico nella borsa, perchè in ufficio mi attacco al pc e me ne scordo) e lui mi dice: "due e due", perchè ha visto tutto. Poche parole, mica come me. Che mi giro, quasi ricordando la risposta di questo ragazzo. "Hai detto che ti chiami Promise? Promessa?". Sì. Sorride: i denti sono bianchissimi. "Hai il permesso di soggiorno?". Sì. Mi guarda negli occhi. "Non lavori?" Non ce n'è. Ecco, questa risposta la conosco, la sento spesso e so che ha significati molto diversi. Allora mi segno il suo numero. Lo registro sul cellulare del lavoro sotto la voce Promise, pago e scappo con il mio sacchetto. Lo lascio seduto, guardo il "mio" barista e scappo via.

Non l'ho ancora chiamato. Mi piace pensare che prima o poi ti manterrò, Promessa.

nb. Sono talmente maleducata che non gli ho detto nemmeno come mi chiamo.

Nessun commento: