martedì 5 agosto 2025

Adriana e l'Inter


Ci sono momenti in cui l'urgenza di scrivere si manifesta in molti modi. Prima di dormire, compaiono nella mia mente testi e frasi esattamente come in questo foglio appunti, si compongono velocemente, di getto, in pochi istanti, e li lascio fluire così, senza memorizzarli in altro modo. Altre volte sono pensieri fulminanti mentre sto facendo altro. Ultimamente, lascio che i pensieri si scrivano tra i capelli al vento nei miei giri in bici, tra campi a granturco e canali. 

E poi ci sono gli anniversari, non appuntati, che tornano. 


Sono giorni che penso ad Adriana e, andando a cercare nel mio blog, ho trovato solo una piccola parte della sua storia bellissima, e quella piccola parte riguarda solo il giorno in cui è morta, nella serenità di una mattina sonnolenta. 

Dieci anni fa, il 16 maggio del 2015, incontrai allo stadio, nel mio anno di consulenza tra una carriera radiofonica e un'altra, una donna straordinaria. Lei avrebbe compiuto cento anni il 24 maggio e da oltre 60 anni frequentava San Siro, per la sua Inter. Il figlio Roberto al suo fianco, in auto da bambino, poi con il tram e ora con la metro lilla. La loro storia mi colpì per due motivi: era fatta di una passione gioiosa, ma piana, di riti che si costruiscono nel tempo, qualunque cosa accada, in qualunque condizione atmosferica. E avevo di fronte due persone che dimostravano almeno 25 anni in meno: l'Inter allena il cuore, è un dato di fatto. La prima foto è di quel giorno. 

Ci ho pensato a lungo e poi ho fatto arrivare la storia prima a una tv locale e poi alla società, per la quale avevo iniziato questa consulenza. 15 giorni dopo, il 31 maggio, Adriana è stata invitata a ritirare la sua maglia numero 100 in campo, prima della partita. Ero con lei, Roberto e Luigi, lo steward che me l'aveva presentata e che svolgeva servizio nel suo settore. A consegnarle la maglia, Capitan Zanetti, Benny e il mio Ciccio, tra gli altri. Abbiamo fatto a braccetto mezzo giro di campo, dal suo posto alla linea immaginaria in cui si scherano i giocatori e lei ha raccolto gli applausi con una felicità impossibile da dimenticare. 

E' stato un momento di grande bellezza, di quelli che travalicano le regole e restituiscono al calcio una dimensione romantica. Una dimensione sociale, quella che avevo scritto nella mia tesi. A volte, la vita restituisce momenti perfetti. Non avevo ancora finito, con lei. Ecco perchè in questi giorni è tornata così, prepotentemente, a bussare. Seppur brevemente, le dovevo un  post. O lo dovevo a me stessa e, sono sicura, è comunque la stessa cosa.

 

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