Ho notato che, quando mi trovo in situazioni che mi fanno paura, la lingua si scioglie ancora più del solito. E inizio a parlare a vanvera.
Cioè, faccio proprio quella cosa che odio: riempire i vuoti anche quando non serve.
Sono sempre stata una persona "di parola", ma non ho mai sopportato chi non super l'imbarazzo di un silenzio e deve per forza aprire bocca. Eppure, come si dice, il gobbo vede la gobba degli altri e non la propria. Sarà così.
Esarà per questo che, qualche giorno fa, ho messo in atto la paurina chiacchierina: sono andata a fare il prelievo e la vera notizia è che ci sono andata da sola, e non con la mamma, perchè l'esame del sangue resta una delle cose più difficili da fare.
Ho paura, e a questa paura (degli aghi) ho cercato sempre di porre un rimedio, come se fosse sbagliata. Ad esempio, per un certo periodo l'ho combattuta prendendola per le corna, diventando donatrice Avis. Sfortunatamente, il mio nervo vago non si è mostrato molto d'accordo fin da subito. Otto donazioni, tutte finite più o meno male: nel migliore dei casi sono arrivata a casa salvo poi rimanere sdraiata a lungo sul pavomento; nel peggiore, uno svenimento e un cestino della sala d'attesa che ha visto lo scarso contenuto del mio stomaco. Insomma: al primo controllo del medico, alla luce della sfilza di inconvenienti tecnici, sono stata sospesa senza appello.
Da qui, la richiesta di accompagnamento, come se fossi una bambina. Quando sono stata io ad accompagnare mia sorella, incinta, per la curva glicemica, la sensazione era qualla di essere io la minore al seguito e non la maggiore delle due. Fino al Covid, coi vaccini fatti per forza da sola, e da lì in poi senza più la manina. Ma con una parlantina 10X. Compreso, dunque, qualche giorno fa, quando ho sommerso la gentilissima infermiera (tra l'altro bravissima) al Synlab così vicino a casa che avrei potuto andarci a piedi.
E poi, all'improvviso, dopo la colazione alla Esso, guidando verso il lavoro ho realizzato che anche altre paure mi causano questa loquacità. Anzi. La mia capacità di iniziare da Adamo ed Eva ed aprire mille parentesi sfidando la capacità di attenzione di chiunque è dettata dalla paura. In effetti, ho paura il più delle volte: di non farcela, di essere inadeguata, di non arrivare a fine mese, di fallire ancora, di perdere tutto, di allontanare le persone a cui tengo, come e più di come sia già successo. Parlo troppo. A sproposito, scompostamente.
Ma di silenzi ce ne sono comunque tanti. Me li tengo stretti, in effetti. Sono bianchi, puliti. Sono la luce che schiarisce la paura, che è più bella così, scritta. Risintonizza l'anima.