Incredibile.
Decine e decine di post in cui butto fuori tutta la mia rabbia, per arrivare qui, ad oggi.
A martedì, anzi, quando, di ritorno dal lavoro, mi sono infilata le scarpe da tennis e sono uscita a camminare furiosamente per un'ora, al passo di carica (ancora più, se possibile, di quello che ho solitamente) intorno a Corbetta, per parchi e canali e vie acciottolate, talmente elettrica da indurre le auto a fermarsi senza neanche cenni, quando ho attraversato strade di scorrimento. Sneakers fucsia, giacca viola e pugni chiusi, con tanta aria da buttare fuori. Ma un'ora è bastata, anche troppa, per qualcosa di estremanete immeritevole anche solo di un sentimento.
In altre fasi della mia vita...altro che qualche chilometro in fretta e furia. Su questo blog, ad esempio, ci sono fiumi di parole digitate con una frustrazione indicibile, cuore esposto e pianto libero. Giorni, settimane, mesi. Anni. Di cose andate per il verso sbagliato. Di versi sbagliati.
Grazie a queste tracce ricordo tutto con grande lucidità, ma se mi guardo indietro mi sorprendo della distanza che ho messo tra quella rabbia e questa gioia. Nonostante tutto, con le difficoltà di sempre, i soldi che mai bastano, i casi umani e un'infinità di incastri da riaggiustare, sono...contenta.
Quella rabbia così grande mi ha causato due effetti collaterali di grandissimo peso: ho sofferto solo io, molto, nell'anima e nel corpo; e ho lasciato che questo sentimento non mi permettesse di darmi un valore.
Ma oggi aggiungo una riflessione in più. Per arrivare qui, da sola, allo sommità di questa piccola collina che mi è sempre sembrata inscalabile, c'è voluto anche questo. Ho sempre dato un'accezione fortemente negativa alla rabbia che ho provato, e potrei aver sbagliato. Esprimendola, tutta quanta, l'ho trasformata in qualcosa di positivo.
Nei momenti peggiori ho avuto il timore di trasformarmi. Di perdere la mia essenza.
Oggi so che non è possibile.
Sono così. Grazie (anche) alla rabbia.