giovedì 2 ottobre 2025

Cosa significa imparare davvero

Me li ricordo benissimo, i miei fallimenti. 

Già dal Liceo mi rimprovero di non aver avuto la forza di emergere in una classe di cui è rimasto davvero poco. Ne ero consapevole, ma fino dal primo momento mi sono rifugiata nel rumore indistinto di fondo di quella classe di trentadue persone per non uscirne più, davvero. Il classico elemento d'arredo, come un banco, una sedia. Pur partecipando alle gite extra o agli eventi scolastici come tutti, mi sono sempre tenuta nel mucchio, se possibile due passi indietro. Il risultato buono, ma non memorabile, è stato il giusto epilogo di quel lustro, così diverso da come avevo affrontato il ciclo di studi precendenti. 
Ho iniziato l'università con lo stesso motto, "non osare", e quelli che mi hanno salvato sono stati gli amici che lì ho avuto la fortuna di incrociare e che ancora oggi ci sono, anche nel mio primo anno di quasi non-frequentazione, per i mille lavori che avevo già iniziato a inanellare. Il mio best Casper Award lo ricordo con un sorriso tenero. Il fallimento di quel primo anno si riduce a un unico, solo grande ostacolo: l'esame di Italiano 1, ripetuto tre volte. Una di queste, il giorno del mio 21esimo compleanno in cui ho pensato che la mia vita fosse finita. Conservo le foto di me, annegata nelle lacrime, davanti alla torta, con Martina, la mia piccola cugina, vicina vicina a me. Occhi da visitor, voglia di festeggiare prossima allo zero assoluto.
 
Poi sono emersa, come chi ha nuotato in apnea per molto tempo, e ho riempito i polmoni di aria. La laurea ha sancito una nuova era e da lì ho capito di essere solo all'inizio, con la lista degli errori da commettere. Solo all'inzio di un percorso che non vede fine. Ho lasciato i rimpianti alla liceale, e ho iniziato a sbagliare con allegria, ripetutamente. Casomai ci sono stati pianti, senza prefissi.

Oggi, nel mezzo di questa ri-definizione, capisco anche quanta vita ci ho messo dentro. Negli arresti, nelle pause, nei sonni, nei ritiri. Tutti momenti che hanno contribuito a farmi ripartire. Mi dicono che sono piena di entusiasmo: non so, davvero, se è così, o se è incoscienza, ignoranza, sintomo di poca intelligenza. Ma oggi, forte e carica di tutti i miei fallimenti, grazie a tutte le mie cadute così rovinose, a tratti, così brutte, imperfette, poco recuperabili, ogni volta che si ricomincia, superata la fatica, mi colpisce sempre la bellezza delle prime volte. 

Un esame non superato può sembrare la fine del mondo. 
Invece, con il tempo, si scopre un'altra verità: è la nuova via da cui ripartire. 
Se perdo, imparo sempre. 

La parte più difficile, però, è un'altra. Anche nel momento peggiore, la vera sfida è non chiudere il mondo fuori. Sono le persone che abbiamo accanto a farci capire che si tratta solo di incidenti di percorso. E' il confronto che ridimensiona quel nero. Sono le altre voci che ci guidano a riaccendere la luce. E quelle che contano...restano. Per insegnarti, tra le altre cose, che non ci sono gare. Non c'è nessuno da battere intorno, ed in particolare non abbiamo da batterci con noi stessi. 

1 commento:

Alessandro Costa ha detto...

Una riflessione sincera , come poche, a tratti emozionante . Imparare davvero significa accettare di non essere perfetti, ma vivi, imperfetti e sempre in cammino.