Sabbrividiamo
Storie di me e di chi mi sta intorno - Sabrina Carrozza
giovedì 30 gennaio 2025
"Intanto prendi": perchè non è mai un consiglio
Intanto prendi.
Un lavoro che non è esattamente quello che cercavi; non è nemmeno quello che ti fa divertire, però.
Uno stipendio che continua a tenerti la testa incassata tra le spalle e il fango della trincea ti arriva ad altezza occhi, o quella cosa lì, di quel colore, insomma. Intanto prendi, però. Non ci sono troppe soluzioni e non c'è nemmeno troppo tempo: se poi scappa anche questa, che farai?
Volevo dirti una cosa, amico: è davvero un consiglio di merda. Ed è retaggio di come siamo cresciuti noi: intanto mangia questo, non ci sono alternative. Intanto fai questa scuola. Intanto ti metti questo.
Stamattina alla radio di parlava della parola "contento": aver già dentro di sé la consapevolezza di aver tutto quello che serve. Ecco: accontentarsi non è "intanto prendi", zio.
E' inutile che lo scriva, ma molti di noi vivono parti delle loro vite come se fossero state imposte, ed in parte è così: abbiamo obblighi verso noi stessi, gli altri, la banca sicuramente, qualche amante forse, che impongono regole che non vorremmo. Nessuno di noi si merita un intanto prendi.
Dieci anni fa ho iniziato a pensare di dover cambiare strada. Per un po' l'alternativa ha retto, perchè si è trattato del mio miglior piano B, il calcio. Un lustro di strada panoramica a fianco alla highway che non stavo percorrendo, convincendomi che quella mi avrebbe portato all'inferno, dimenticando però la bellezza di quel rock potente che pulsava sempre nella cassa toracica, un basso senza scampo. Un culo enorme, allo stesso modo di precedenti anni di turni. E poi altre soluzioni a venire, fino a questo ultimo anno.
Il 2024 ha spinto sulla mia tavola l'offerta da commerciale, più volte rimandata in cucina nel corso di questa vita. Lo sa bene Giuliano, lo sa bene Carlo, lo sanno anche le mille salse con cui questa attività è stata variamente presentata. Stavolta, però, persone, luogo, opportunità, comodità, struttura, avevano molte voci nella lista dei pro. "INTANTO PRENDI" è la frase arrivata da talmente tante persone che ho temuto di vederla incisa sulla fiancata dell'auto.
Ringrazio il cielo di averla colta. Ma come? (vi sento eh!) Hai scritto che è un consiglio demmm...!
Come scrisse il poeta, è da lì che nascono i fior. Consapevolezza, si diceva. Ed eccola.
Imparare un nuovo mestiere significa uscire da una zona sicura. Come al solito, il primo mese e mezzo ho dormito male e ho cercato di districare i dubbi uno ad uno, ed erano tanti, molti scritti sulla mia fronte, altri attaccati al mio già scarso amor proprio. Ho cancellato una vacanza, prestato la casa, per far andare le cose meglio più velocemente, ottenendo l'effetto contrario. Sono stata una buona Caronte, ma non sbarco, resto lì un pochino e poi torno indietro.
Perché la verità è che non si dovrebbe prendere niente, nell'intanto. Lo sa bene il basso che vibra nelle fibre del tuo essere anche se pensi che siano solo scosse di assestamento. Fallire è fallire, non prendiamoci in giro. E' un bel pugno sul muso, di quelli che svegliano, però.
L'aspetto più bello, più dolce e più accordato di tutto sono stati i colleghi, ancora una volta. Tutti più consapevoli (di me, ma ci è voluto poco) e nessuno soggetto alla legge dell'"intanto prendi".
E ora? Caròn, non ti crucciare: trovo la soluzione. Intanto ho stampato i bollini della tessera che non avevo ancora incollato e li metterò a scacchiera sugli altri. E poi si vedrà. Con mira e divertimento.
martedì 24 dicembre 2024
2024, more than words
Quando arriva la fine dell'anno guardo le foto scattate, sempre tante. Troppe, per qualcuno. Invasive, invadenti. Qualche amico le odia perchè "rubano" pezzi di anima. A me sono sempre piaciute, d'altra parte, volevo fare la fotografa da bambina da Foto Kennedy a Magenta. Oggi c'è una verità in più: la memoria di ferro che ho sempre avuto, ad un certo punto, ha deciso di prendere ruggine. Lo so perchè inizio a scambiare volti e nomi e a fare figure da vecchia zia.
Guardo le foto e, mentre il mio primo pensiero è sempre uno: "anche quest'anno sono arrivata in fondo viva e intera e senza debiti", ecco questo muta e diventa considerazione, più che altro stupore. Continuo a vivere tante vite in una e non ho nemmeno finito. Nel mio destino, mi ha detto una persona, il mutamento è scritto a chiare lettere. Devo solo arrendermi e accoglierlo.
In questo 2024 a cambiare è stato prima di tutto il lavoro, e non è stato semplice, anche se alla conquista del nuovo impiego pensavo di avere tutte le carte in regola per fare subito bene, ecco: no. Non so che succederà il prossimo anno, so solo che ci ho messo davvero tutta me stessa, ad uscire da uno stato di sopore in cui era caduta professionalmente, metterci una casa in prestito, trovare una macchina, imparare nuovi metodi. E sentirmi dire, come sempre, di essere sempre un po' più a sinistra del punto.
L'automobile è il vero miracolo economico di quest'anno ed è tutto merito di un atto d'amore, anzi due. Il primo di un prestito temporaneo e azzeccatissimo, il secondo, invece, è la realizzazione di un sogno: avere una Golf. Del 2003, ma questo è un dettaglio. Ed è tutto merito di Valeria e Alberto. Ho una Golf e la amavo da allora, anzi, dalla versione precedente. E ora è mia. Ah, avrei anche un nuovo cellulare, ma lo schermo è andato in frantumi in meno di un mese. Perciò sì, c'è. Sopito fino a riparazione economicamente sostenibile...
Sono riuscita a viaggiare. Cinque mete: Calabria, Irlanda del Nord, Foligno, Venezia, Calabria/Palermo. Il Sentiero dei Giganti e Palermo erano tra i miei desiderata di sempre ed è stato bellissimo. Pochi giorni in totale, solo quattro di mare, affetti che si stringono e tornano profondi. Persone dal cuore gigante, che mi hanno sommerso di amore e mi hanno restituito per un giorno una dimensione giornalistica quasi abbandonata. E queste emozioni che spesso fatico a trattenere, che aiutano a ridimensionare i piccoli problemi e le due piccole ulcere che, voilà, sono comparse a ricordarmi - quasi se ne sentisse il bisogno - che sì, sono brava a fare l'equilibrista ma non abbastanza, perchè il tormento della sindrome dell'impostora non mi lascia mai. Ho anche perso un'amica. E non me ne capacito. Ne ho conosciuta un'altra, un altro pezzo di anima in più, quello che mi toglie la fotografia selvaggia, credo.
Stadi 3, concerti 1, cultura sì, con le prime volte all'Ambrosiana, a San Sepolcro, alla Villa Reale e al Cenacolo. Teatro 1, cinema 2: si può fare di meglio su tutti i fronti. Ho già pianificato due viaggi e una gita, e ancora quest'anno non è ancora finito. E vorrei vedere Atene.
C'è qualcosa di più profondo che è cambiato. A parte il metodico scardinamento della gabbia giudicante che mi accompagna fin dalla nascita, è rinato in me un sentimento che pensavo non potesse più riapparire. C'è qualcosa che, nella seconda parte di quest'anno, mi sta facendo credere di poter amare un'altra volta. Una sensazione tutta mia, egoisticamente mia, che ha sganciato di botto una serie di zavorre di piombo e le ha lasciate cadere pesantemente a terra. E' un germoglio che, una volta spuntato, ha di nuovo allargato i confini del mio cuore. Mentre prendevo a martellate la mia gabbia, ad un certo punto anche il pavimento ha iniziato a muoversi e quel cinismo che mi porto dietro da quasi dieci anni è sciovolato via. Avevo smesso di crederci, davvero. Avevo iniziato a pensare di avere tutto alle spalle.
Non so cosa succederà nel 2025. So solo di arrivarci alleggerita.
So di arrivarci meritandomi di nuovo dell'amore, meritandomi le cose belle che verranno.
Non mi sembra poco.
Niente ci appartene, "mi" scrive Daniel Lumera nella sua newsletter. Riceviamo tutto in prestito per un periodo limitato di tempo. Il corpo, il respiro, la casa in cui abitiamo, la mente attraverso cui ragioniamo. La nostra forza vitale, le emozioni che proviamo, le situazioni che viviamo, le relazioni. Di tutte queste cose siamo solo aministratori temporanei. La vita scorre tra le nostre mani aperte come acqua. E più cerchiamo di trattenerla, più fugge via.
E questo vorrei. Più delle parole che più di altri anni sono state difficili da scrivere, vorrei essere acqua. E luce impressa in mille fotografie.
giovedì 21 novembre 2024
Sarà sempre il Banco Lariano
La filiale di Intesa Sanpaolo di Santo Stefano Ticino chiude.
Stavolta non è una chiacchiera di paese: c'è l'accorpamento con altre sul territorio, nella fattispecie con la sede centrale di Magenta, quella al fianco della Cattedrale di San Martino, e poi, con calma, se i titolari del conto vorranno, potranno fare richiesta di spostamento su altre sedi.
La voce della chiusura è corsa altre volte, a Santo Stefano Ticino. Altri cambiamenti ci sono stati, ma non per questa, che è nipote e poi figlia dell'originario Banco Lariano. Perchè è questo che resta nella memoria storica del paese, gli anziani: due sabati fa, passata a far colazione e a passeggiare per le vie con gli amici, una donna ci ha parlato proprio di questo. E ora come faremo con il Banco Lariano? Là a Magenta non è nemmeno facile parcheggiare, per mio nipote.
Abbiamo sorriso, ovviamente. Ma per un paese di seimila abitanti con una bella composizione over 65 è una riflessione da tenere. Ci sono persone che non useranno mai l'app, mai. E il rischio, per altre, è di perdere di vista il loro patrimonio, demandandone la gestione ad altri. Per certi servizi la prossemica è importante, è fondamentale averli vicini perchè essi funzionano.
Eravamo in tre, su quel marciapiede al sole, tra la cartoleria e la banca, a guardare quel largo spazio che dal 15 Dicembre resterà vuoto, dopo decenni. Chissà cosa potrà arrivare al suo posto, vista la scarsa attrattiva dei piccoli centri. E anche per noi under 65 ci sarà comunque un passaggio in più che ci porta al di fuori di queste strade, in un paese che è sempre stato vivissimo e che inizia, da qualche tempo, a somigliare un po' a degli stalli di sosta.
Mi piace pensare che questa corsa allo svuotamento si arresterà di colpo e che ricomincerà a essere in tutti noi fortissima l'urgenza di guardarci negli occhi. Lo so, è un atteggiamento decisamente mediterraneo, poco "europeo" e che dovrebbe riguardare solo la sfera delle relazioni, ma per il nostro DNA tutto passa dal contatto e questa perdita sta avendo spiacevoli effetti collaterali.
E dunque, viva il Banco Lariano!
martedì 19 novembre 2024
Non scrivo più
Non scrivo più.
Le uniche mie note scritte su post it, agende, calendari e fogli volanti riguardano solo il lavoro, e non sono più nemmeno rinchiusi in ordine (no, bell'ordine da mai, ad essere onesta) in un'unica agendina, poi messa via e sostituita dalla successiva.
Ho perso la consequenzialità. Ma ho perso anche una grande parte di me. O forse è nascosta; ecco, sì, diciamo che si è andata a nascondere molto bene. Era quella capacità di dare al pensiero una forma in un modo che è solo mio. Fatto di immagini, metafore, periodi brevi e lunghi insieme. Nel dormiveglia pensavo a frasi da mettere giù. Ho scritto nella mente mille incipit di un libro che non ha mai visto la luce e ho usato diversi tovaglioli di carta come spunto, le note del cellulare, anche.
E ora? Non scrivo più nemmeno per me stessa, nelle agende mensili, di incontri e fatti che mi hanno spostato il battito del cuore di qualche millimetro. Sì, mi stupisco sempre e mi commuovo anche di più, ma se prima all'emozione seguivano parole, ora faccio fatica a vederle comparire su uno schermo, a vederle scorrere sulla carta.
Sono anche a secco. Ho sempre scritto di getto, in pochissimo tempo, e mi sono sempre chiesta se, in un ipotetico mestiere scrittorio che è arrivato sì, ma non a grandissimi volumi come avrei desiderato, la "gestione di una commessa" avrebbe inibito questo sgorgare spontaneo. E ora mi ritrovo spesso davanti a un foglio bianco, senza sapere come iniziare. Perchè iniziare.
E' una secca legata a questo mare di legno, ho interiorizzato questa aridità? E' una possibilità che non riesco davvero ad accettare.
E allora direi che è giunto il momento di fare qualche esercizio. Come il cardio sulla cyclette, i pesetti del mattino, anche scrivere rientrerà nella lista delle cose da fare per mantenermi in forma, dentro. Con la speranza che ritorni ad essere un'abitudine spontanea, fulminea, piena di immagini. C'è sempre molto da dire in questo continuo mutamento. E' ora di stanare il nascondiglio.
martedì 13 agosto 2024
Non mi ritorni in mente
La mia memoria non è più infallibile. Sì, succede a tutti, ma il momento in cui ognuno di noi lo realizza spesso causa sconforto. Dopo la sopresa iniziale, ho cercato di capire perchè il mio cervello non ripesca le sue informazioni come sempre, come prima.
Ho iniziato a perdere colpi da tempo. Ho letto da qualche parte che molte cose si cementano meglio quando le racconti a qualcuno, e sarebbe la ragione principale della perdita dei nostri ricordi d'infanzia; è il gancio giusto, l'assist perfetto. E in effetti passo così tanto tempo da sola da poter avvalorare questa ipotesi, a meno che non le racconti al muro, al soffitto, allo specchio, al fornello. L'effetto collaterale, quando mi trovo in compagnia di altre persone, sta diventando quello di ammorbarle alla prima occasione, specialmente se mi chiedono di stadi e radio. Ecco, lì non sono nemmeno zia, ma proprio nonna: inizio a raccontare aneddoti a caso di calciatori e di cantanti e gli altri mi guardano straniti, chiedendosi se sono davvero accaduti. Ho fatto fuori la mia compagnia di Magenta così: adesso mi evitano tutti come la peste e, progressivamente, ai silenzi imbarazzati sono subentrati impegni vari. E dire che una volta mi ritenevo una ragazza divertente...
Ho sempre scritto molto, ovunque. Ho quaderni di lavoro in mezzo ai libri di casa, agende tutte iniziate e le mie Smemo in cantina. Sono tante finestre, aprirle mi riporta all'oratorio, ai luoghi vicini e lontani, alle situazioni risolte, più o meno. Ma ho perso volti e nomi associati in un minuto, ho perso pezzi di vacanze, ho perso quadri, cibi, collegamenti che potrebbero tornare utili.
Lucidità, mi verrebbe da dire, d'acchito. Ma poi mi rendo conto che il cervello mi ha protetto innumerevoli volte, perchè ha selezionato un milione di situazioni dolorose e le ha messe in un archivio circondato dalla nebbia. All'improvviso, dimenticare nomi e fatti, anche nel bel mezzo di un discorso da nonna, ha perso tutto lo sconforto e si è trasformato in sollievo. Succede così, in una vita di fortuna alterna, o semplicemente fortuna, che per i miei amati latini non sempre era favorevole.
Diventare fallibili è fantastico. Riposante. La coperta per le ginocchia della nonna.
lunedì 12 agosto 2024
L'incanto sarà godersi un po' la strada
Non so, ma non mi immaginavo così venti anni fa.
Lo so, amica mia. Cresciuta con me nella stessa classe, poi in sezioni differenti, treni coincidenti, canti della domenica, oratorio e amici in comune a secchiate. Le battute parlano da un peso che ci tiene il baricentro basso, noi che abbiamo sempre stambeccato parecchio, tra migliaia di ore di sonno perse e lavori invadenti. E si allarga, perchè il pensiero è stranamente lo stesso, e non solo mio e tuo.
Sì: a volte ci sembra che "agli altri" certe cose non accadono, ma forse "gli altri" hanno capacità di simulazione differenti, o hanno patteggiato con più o meno dolore. Ma questi alti e bassi della vita ci riguardano in massa.
Sì, ci godremo la geriatria. Con il catetere, forse, riusciremo a pretendere che qualcuno ci aiuti. Ci porga il braccio sulla nave da crociera, ci porti fino alla spiaggia nei nostri costumoni contenutivi e - beh - la cannuccia resterà sempre la stessa. Mi immagino come la vecchia che Carrie incontra al diner, quella che trita lo psicofarmaco sul gelato per sballarsi. Non servirebbe nemmeno la dentiera, amica.
Però, se ci pensi bene, non siamo ancora a quel punto. Quando le cose vanno male, quando ti sembra di aver sempre una montagna da scalare e ti si mozza il fiato come quando sei in carenza di ossigeno, si fatica anche a pensare cosa faremo domani. Ma è - appunto - solo una sensazione. Il segreto è comunque pianificare e non lasciare che quella immobilità si impossessi del tutto di te, facendoti pensare che "tanto è tutto inutile". Da super pigra, questo pensiero mi ha sempre, comunque, fatto molta, molta paura.
Forse, per lasciar cadere le zavorre dalle nostre mongolfiere piene di colori, dobbiamo solo guardare avanti. La vita ha un milione di stagioni, molte di più di quelle che un anno solare ci propone. Un milione di possibilità di viverla. La nostra pelle muta forma e colore così facilmente da sbalordirci. I tuoi figli cresceranno, io finirò il mutuo, e chissà. Forse continueremo ad asciugarci lacrime in un angolo del negozio, forse avremo nuovi ostacoli. E torneremo a scavalcarli, goffe o atletiche.
Guardiamo avanti, amica. Avanti di un passo, ancora senza bastoni!
La gioia è il nostro obiettivo di ora, e di sempre.
Poi arriveremo alla geriatria, certo, con il catetere e tutto il resto.
Per sorridere anche senza denti.
venerdì 26 aprile 2024
Se strappare la Pace è una ragazzata
Il tricolore è nuovo: quello che avevamo era ormai sbiadito dal tempo. E anche quella multicolore, che nei cortei qui in zona è la prediletta dei bambini, ha colori vivissimi. Alla fine si opta per la cancellata, all'esterno, sulla pista ciclabile. Una accanto all'altra. E si va in corteo per le strade, con la Banda e la Corale, tra Bella Ciao e passeggini, grandi e piccoli, personalità e personaggi. Insieme.
Nel pomeriggio, però, la bandiera della Pace viene strappata via. Un vicino si accorge, ferma questi adolescenti e li invita a riconsegnare la bandiera. Suona il citofono e la reazione è una sola: stupore.
"Una bravata". I bravi moderni si accaniscono sui simboli.
Una monelleria. I monelli, una volta, facevano telefonate anonime e suonavano citofoni. Posto che la prima attività sulla ghiera o sulla tastiera sono ormai obsoleti, anche la seconda non se la passa troppo bene.
Di cretinate senza senso ne è piena ogni epoca, anche se ora faccio fatica a farci un mezzo sorriso. Sarà che attività varie come bruciare giochi pubblici appena installati, spaccare panchine nuove o buttare spazzatura ad un niente dal cestino non dimostrano nulla, se non un cervello ancora riposto nella sua pellicola protettiva. Strappare una bandiera della Pace, forse, ci dice che il cervello è ancora nell'imballaggio di cartone.
La noia? Forse è il momento di chiamare questi vuoti di valore con il loro nome.