Ho scritto questo post pochi mesi fa.
Lo pubblico ora, dopo il suo compleanno, il 27 Settembre.
La prima domenica di questo Agosto, il numero 92 della sua vita, la nonna Rosa è uscita per andare prima a messa, e poi al mercato.
La piega fatta il giorno prima, come tutti i sabato, la gonna lunga appena sotto il ginocchio, la borsetta al braccio, lei ha prima pregato per tutti noi e poi è andata a comprare la padella.
La padella. Potremmo usare la maiuscola anche in mezzo alla frase, perchè, ogni anno, è un rito che si ripete. In vista dell'arrivo di figliolanza, cognatume e nipotame, l'invincibile strumento che tutto può friggere sostituisce quello ormai esausto dell'anno precedente.
Non c'è mai stato nessuno, nella mia vita, che friggesse in padella come fa lei, e sempre godendo di ottima salute. Che siano melanzane, cotolette, frittelle, frittate, panzerotti, zeppole...poco importa. La bottiglia dell'olio è sempre pronta, e la padella (ora) nuova di zecca altrettanto.
Questa, dunque, è una storia d'amore. Non solo per tutte le persone che, in Agosto, transitano da quell'appartamento in contrada Giardinello di un paese calabro (e prima, nella contrada Petto, forse ancora più numerose e rumorose, vista la quantità impressionante di cugini). Ma anche per se stessa. Perchè, quando finisce il caos delle vacanze, con stanze scambiate, letti aggiunti, sveglie e tavoli pieghevoli, sedie recuperate e tutte spaiate, resta lei, da sola. E lei, sola, cucina e apparecchia per sè sempre, senza saltare un pasto. E anche sola, la padella resta lo strumento indispensabile a tutto il desinare.
E che desinare. Alcuni piatti della nostra iron grandma restano inarrivabili, nonostante la grande tradizione tramandata ai figli. Certi cavalli di battaglia possiedono tal razza superione che non è nemmeno giustificabile dal clima, dall'acqua, dai prodotti: la nonna Rosa ha dimostrato più e più volte che, anche nelle sue trasferte al Nord, le sue capacità restano immutabilmente irraggiungibili.
Del resto, una campionessa olimpica lo è ovunque.
A noi, dunque, non resta che partire e confluire lì, fili differenti e asincroni di uno stesso tessuto la cui matrice è là, con un nome così delicato, una volontà di ferro e una padella in mano.
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